Questa grande richiesta di lavoro ha permesso una rapida integrazione di un numero di stranieri che nell’Italia di oggi sembra solo un lontano ricordo: in appena sei anni (2002-2007), gli stranieri regolari iscritti in anagrafe in Italia sono aumentati di più di due milioni passando da un milione e 356 mila a tre milioni e 433 mila, quasi 350 mila stranieri in più ogni anno. Le inadeguate normative che si sono susseguite in Italia hanno paradossalmente permesso al mercato migratorio di funzionare secondo la legge della domanda e dell’offerta. Entrare in Italia era facile, come era abbastanza semplice usufruire – più prima che poi – di generose sanatorie. Ma al di là delle leggi, il meccanismo funzionava, perché c`era bisogno di lavoratori stranieri.
La crisi e l’immigrazione
Con la crisi tutto è cambiato. Il mercato del lavoro ha pesantemente penalizzato alcune categorie, in particolare gli stranieri. Secondo l’Istat, nel 2016 le famiglie composte da soli stranieri in povertà assoluta (non in grado di pagare le bollette o di fare la spesa) erano il 26%, contro il 4% delle famiglie composte da soli italiani. La ripresa del numero di occupati -oggi sono all’incirca quanti erano nel 2007, prima della crisi- è stata quasi tutta assorbita dai lavoratori maturi che, in forza alla legge Fornero di fine 2011 e alle precedenti riforme pensionistiche, vanno in pensione sempre più tardi. I lavoratori con più di 55 anni di età sono oggi un milione e 600 mila in più rispetto al 2007. La legge Fornero è stata giusta e doverosa anche se non priva di difetti cui governo e Parlamento stanno cercando di porre rimedio con Ape e Ape social – perché ritardando l’erogazione delle pensioni ha spostato enormi risorse economiche a favore della fiscalità generale (e quindi anche di adulti e giovani), ha adeguato il mercato del lavoro alla demografia dell’Italia, ha portato la quota di lavoratori maturi a livelli quasi europei. Tuttavia, un suo effetto indiretto -peraltro sottovalutato dagli economisti- è stato quello di limitare fortemente il reclutamento di giovani e adulti, inclusi gli stranieri. Per cui oggi viviamo una specie di paradosso statistico: gli occupati sono lo stesso numero del 2007, ma il tasso di disoccupazione è dell`11 per cento, mentre nel 2007 era del 6 per cento.
Il pull factor e le badanti
Oggi il pull factor migratorio continua a operare quasi solo per le badanti. L’incremento del numero di stranieri regolarmente residenti si è quasi bloccato: al 31 dicembre 2016 gli stranieri iscritti alle anagrafi italiane erano solo 21 mila in più rispetto al primo gennaio dello stesso anno. Oggi molti adulti stranieri chiedono con insistenza la cittadinanza italiana (più di 200 mila concesse nel 2016), ma non per restare qui, ma per poter emigrare senza problemi in Germania, Svezia, Regno Unito e Canada; se i 200 mila richiedenti asilo ricevessero un permesso di soggiorno europeo (magari esistesse…), caserme e appartamenti si vuoterebbero come per incanto, mentre si riempirebbero treni, pullman e voli lowcost diretti verso il nord Europa.
Riprende la richiesta di lavoratori immigrati
In una conferenza all’Aspen Institute Italia del 7 luglio scorso, Louise Arbour, rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per le Migrazioni Internazionali, ha affermato che nella situazione italiana sarebbe poco sensato aprire in modo indiscriminato il paese ai migranti economici. E’ poco sensato, aggiungo io, anche perché sono proprio molti degli stranieri da tempo residenti in Italia a volersene andare.
Tuttavia, è necessario ragionare con uno sguardo più lungo. È bastata una debole ripresa per ricreare nelle zone più dinamiche d’Italia carenza di manodopera, in buona parte generica, ma anche qualificata per una quota significativa. Nei giornali ricompaiono articoli di ristoratori che non trovano camerieri, imprenditori metalm ...[continua]
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