L’epistola incriminata
Dall’“Avanti!” del 25 marzo 1910
Spettabile Comitato Nazionale Pro suffragio femminile, Roma.
Cotesto on. Comitato ci chiede se, nella richiesta del suffragio universale, il Partito socialista implichi quella altresì del suffragio femminile. La domanda, in questi termini, appare oziosa; tant’è che la stessa lettera, che l’ha formulata, vi dava tosto adeguata risposta, rammentandoci la unanime approvazione, che coronò la mozione di Anna Kuliscioff nel nostro ultimo Congresso nazionale a Firenze. E, in realtà, niuno dubiterà seriamente che un partito, il quale si propone tutte le emancipazioni umane, e che primo chiamò le donne lavoratrici a tutte le battaglie della lotta e della organizzazione economica, possa mai aver in animo di escluderle dal possesso di quell’arme politica, che è fra i più validi strumenti e fra le migliori salvaguardie delle conquiste di classe.
Ma, forse, la cortese domanda intendeva piuttosto invitarci a precisare quale importanza si attribuisca da noi al suffragio femminile in questa precisa ora della storia in Italia, e se da noi vi si annetta un carattere, a così dire, pregiudiziale, per il quale, cioè, il suffragio universale maschile dovrebbe essere respinto, o reputato cosa trascurabile, se scompagnato dalla conquista contemporanea del suffragio femminile.
Sebbene su questo punto nessuno dei nostri Congressi si sia formalmente pronunciato, crediamo di poter interpretare il pensiero del partito, in conformità alle tendenze generali di esso. Il partito socialista non rivendica il diritto di suffragio per tutti, in ossequio a un astratto principio di diritto naturale, da valere ugualmente in tutti i luoghi e in tutti i momenti della storia. Per noi questa, come tutte le altre conquiste congeneri, non ha effettivo valore, se non in quanto sia essenzialmente conquista proletaria; e cioè in quanto corrisponda a dati bisogni economici del proletariato e a uno stato ben determinato della coscienza di classe proletaria.
È perciò che il suffragio universale -anche mascolino- pur trovandosi elencato fra i desiderata generali del partito, non ci fornì tema di una veramente intensa e continua agitazione, finché l’attività della classe lavoratrice italiana venne assorbita dal compito, più urgente e preliminare, di creare e consolidare le proprie organizzazioni fondamentali, e finché parve che notevoli progressi politici -anche nell’interesse proletario- si potessero ancora raggiungere, mercè il diritto di voto, limitato sulle basi della vigente legislazione elettorale.
Fu soprattutto la esperienza della stasi, cui da vari anni seambra condannata la vita politica e parlamentare italiana, dominata dall’incubo del problema meridionale; fu cotesta esperienza che determinò il partito socialista a polarizzare più intensamente le sue forze verso la estensione del diritto di suffragio agli stessi analfabeti, ravvisando in ciò un mezzo di rompere le clientele in cui si cristallizza, in tanta parte d’Italia -e, di riflesso, stagna e si corrompe in seno al Parlamento- la vita politica, e uno strumento adatto a risolvere più prontamente quel doloroso e vergognoso problema dell’analfabetismo e della incultura, la cui soluzione sembra altrimenti imprigionata nell’ironia di un circolo vizioso quasi senza uscita.
Da questo punto di vista, l’aggiunta contemporanea del suffragio femminile al maschile non avrebbe, a senso nostro, alcuna influenza immediatamente benefica, per la quale le due rivendicazioni non possano -se la legge di gradualità lo consigli- disgiungersi nel tempo; e ciò per effetto della ancor così pigra coscienza politica e di classe delle masse proletarie femminili, il cui artificiale irrompere nell’arringo politico rinforzerebbe probabilmente, per un dato periodo, quelle correnti conservatrici, che già in altri tempi, sperandone benefizi sicuri, si mostrarono propense -in Italia ed altrove- anche al suffragio universale limitato ai maschi.
Indubbiamente, secondo noi, il suffragio universale femminile dovrà integrare, a non lungo intervallo, il s ...[continua]
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