Non si creda che ci atteggiamo a dottori e precettori. Conosciamo il nostro poco valore e non siamo che umili militi negli studi e negli sperimenti di carattere sociale, non ultimi però per convinzione. A mano a mano, senza pretensione, tratteremo di questo o di quel problema. Sono argomenti difficili sui quali troppo facilmente si sentenzia, e noi con occhio attento e possibilmente imparziale seguiremo gli studi e le polemiche dei giornali, che in casa nostra e fuori possono dirsi specialisti nella materia. Salutiamo i nobili sforzi degli scrittori socialisti, coi quali abbiam comune la parte critica de’ loro programmi, la guerra cioè agli stessi instituti, e l’immenso simpatico fine che è la piena emancipazione dei lavoratori.
Con essi, con tutti, dato che sia duopo scender sul terreno della polemica, saremo cortesi e amorevoli come verso fratelli, che con diversa divisa combattono per la stessa causa. È sì bella la serenità nelle polemiche; ed è ben naturale che debba esser civile chi si avanza come araldo della civiltà. Se vuoi conquider l’animo anche di riottosi avversari, invece di risponder rosso d’ira col pungolo o la sferza, offri loro con cortesia i tuoi argomenti, come se offrissi delle rose; parla con il profumo d’una vera gentilezza e affettuosità fraterna, e vincerai le lor diffidenze e i pregiudizi. Non dovremmo essere iniziatori di un nuovo Rinascimento? Ed ogni epoca rinnovatrice non è in fondo l’espressione, né libri, nelle opere d’arte, nelle leggi e né costumi, di una nuova giustizia e di una maggiore bontà?

Antonio Fratti, “Gli studi sociali”,
da “La rivista popolare” anno I n. 2, 1° agosto 1893