Cracovia è diventata la porta di accesso per l’Ucraina. Dal febbraio del 2022, quando è scattata l’aggressione russa, chi vuole recarsi nell’ex repubblica sovietica è obbligato a fare tappa nella vecchia capitale della Polonia. Mi era capitato già in altre occasioni di fermarmi in questa città per ragioni di lavoro. Non lontano da qui, infatti, si svolgeva ogni anno nel piccolo centro termale di Krynica, tra i monti Carpazi al confine con la Slovacchia, un importante forum economico molto frequentato che attirava partecipanti da tutta Europa. C’era chi lo definiva pomposamente come l’equivalente per i paesi orientali del forum di Davos, cui prendono parte regolarmente i potenti del globo. A Krynica ci si accontentava di qualche primo ministro o ex presidente, oltre a un nutrito numero di esperti di geopolitica dell’Europa dell’est, Russia compresa. A me era toccato, la prima volta, di partecipare a una tavola rotonda sul Partenariato orientale, la politica lanciata dall’Unione europea nel 2009 nei confronti delle sei ex repubbliche sovietiche che fanno da cuscinetto fra Ue e Federazione Russa e in un’altra occasione, se non ricordo male, di relazioni fra Ue e Bielorussia. A quell’epoca, nel primo decennio del nuovo secolo, l’allargamento aveva spostato verso est il baricentro dell’Unione con i nuovi Paesi orientali che cominciavano a prendere consapevolezza del loro ruolo controbilanciando legittimamente gli interessi consolidati dei vecchi membri con i propri. I rapporti con la Russia, ovviamente, rivestivano, e tuttora rivestono, un’importanza primaria. A partire dal 2004, con il "big bang" europeo, si profila la svolta della “Politica estera e di sicurezza comune” (Pesc) nei confronti di Mosca, passando da un approccio di compiaciuta indulgenza a uno più assertivo che tiene conto delle giuste preoccupazioni dei paesi confinanti con l’orso russo. Gli sviluppi politici ed economici di quanto avveniva nello spazio di quella che una volta era l’Unione Sovietica hanno sempre avuto una vasta eco nei media dell’Europa orientale contrariamente a quanto succede in Italia, dove prevalgono le questioni del Mediterraneo. è il classico strabismo geopolitico che condiziona ancora oggi il decollo di una vera politica estera comune. è dal 2014 che il conflitto nel Donbass domina l’opinione pubblica polacca; da noi ce ne siamo accorti solo quando, otto anni dopo, è cominciata l’invasione dell’Ucraina su larga scala da parte delle truppe di Mosca. A pochi chilometri da Cracovia si trova anche il campo di sterminio di Auschwitz, uno dei luoghi più visitati in tutta la Polonia, che di questi tempi vale sempre la pena raggiungere anche se la segnaletica non aiuta. C’è un misto di imbarazzo, rimorso e irritazione da parte polacca a riguardo dell’occupazione nazista e di ogni eventuale associazione impropria che si fa in Europa a tal punto che nel 2018 il Senato di Varsavia ha adottato una legge che vieta ogni riferimento a possibili complicità della nazione polacca con l’Olocausto come se la storia si potesse stabilire per legge facendola passare per verità di stato. Ad ogni modo, per chi si rifiuta ancora di usare il navigatore, per arrivare al museo del campo di sterminio occorre seguire le indicazioni per Oswiecim, dato che Auschwitz è il nome tedesco della località la cui fama nefasta marchia indelebilmente l’intera regione.
La Polonia si è sempre sentita in prima linea quando è scoppiata la guerra nel Donbass. Le relazioni con la Russia sono assurte a questione identitaria per tutta la nazione polacca, in particolare per la componente più oltranzista della sua società che ha cavalcato le contrapposizioni con Mosca per ragioni elettorali. Varsavia ha abbracciato e sostenuto da subito con convinzione la causa ucraina. Già prima dell’inizio del conflitto erano numerosissimi gli immigrati ucraini sia legali che illegali che avevano trovato lavoro contribuendo al boom economico polacco favorito da una pioggia di fondi europei. Questa comunità si è ulteriormente rimpinguata nel 2022 dopo la decisione dell’Ue di attivare il Meccanismo di protezione temporanea per i profughi ucraini su tutto il territorio dell’Unione. L’accoglienza dei polacchi è stata davvero ammirevole. Quando, però, l’Ue ha deciso di liberalizzare il commercio per alleviare la crisi e favorire l’integrazione europea di Kiev, sono cominciati i primi screzi con le rivendicazioni corporative che hanno preso il sopravvento. Per mesi gli agricoltor
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