Cari amici,
è aprile: l’alta pressione sta premiando il nostro Paese con una luminosità particolarmente piacevole. Il sole fa rinverdire gli alberi e i mari, sebbene freddi, sono ancora calmi. Il tempo è perfetto per andare in barca, e assieme al bel tempo, proprio come il sole che sale alto nel Regno Unito, così fa la solita retorica sull’immigrazione. Nell’ultima settimana i dati del Ministero dell’Interno hanno rivelato che 154 immigrati irregolari, a bordo di quattro imbarcazioni, hanno attraversato la Manica.
A dar retta a Nigel Farage (leader del Reform Party) si potrebbe immaginare che alla nostra isola resti una settimana prima di affondare sotto il peso dei nuovi arrivati che sbarcano sulla costa meridionale. Sebbene siano molto presenti nei titoli dei giornali, gli arrivi in barca rappresentano solo il 3-4% dell’immigrazione complessiva -dati dell’Osservatorio sui migranti, un ente di ricerca indipendente con sede all’Università di Oxford.
Eppure, nella mente degli elettori questo tema sta risalendo al secondo o terzo posto tra i più importanti, dopo l’economia e il Servizio sanitario nazionale. La paura dello straniero che attraversa le acque esiste fin dai tempi dell’impero romano, quando la gente che arrivava in barca era veramente temibile: pensiamo all’Armada spagnola, o a Napoleone, tanto per cominciare, per non dire dei normanni e dei vichinghi da est. Il fatto è che la migrazione c’è sempre stata, e ha arricchito il nostro mondo, ha fornito lavoratori graditi, ci ha unito; almeno così ci sembrava un tempo, appena nel 2012, quando la nostra società multiculturale è stata celebrata nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi, in quello che ora ci appare un’ideale svanito come un sogno.
Il nuovo governo laburista ha promesso di allontanare un maggior numero di persone che non hanno diritto di stare qui. È bizzarro notare come il rimpatrio di queste persone è diminuito drasticamente tra il 2010 e il 2020, quando cioè hanno governato i conservatori, che, non dimentichiamolo, avevano visto Theresa May lanciare la strategia dell’“ambiente ostile”. I numeri sull’immigrazione vengono usati come un’arma politica.
Sebbene i rimpatri siano aumentati di quasi un terzo nell’anno conclusosi il 30 settembre 2024, i numeri sono rimasti “relativamente bassi in termini storici”; secondo l’Osservatorio sui migranti, infatti: “I rimpatri totali e forzati sono stati inferiori del 27% e del 45% rispetto al decennio precedente”. Sempre a detta dell’Osservatorio, però, “mancano prove sulle cause precise di questo cambiamento”.
Comprendere cosa sta succedendo nei fenomeni migratori è importante perché, mentre la situazione economica si fa sempre più difficile per persone che soffrono già da oltre un decennio l’austerità, la paura per l’immigrazione è strettamente connessa alla paura di perdite ulteriori. È come se vivessimo in una condizione di lutto per la perdita del vecchio stile di vita che ormai ci appare inimmaginabile e irraggiungibile.
Sento ripetere continuamente il ritornello per cui “dobbiamo mettere al primo posto i nostri”.
Si sa cosa ne pensano in proposito le generazioni più anziane; persino le stesse generazioni precedenti di migranti sono contrarie all’arrivo di altre persone. Ma cosa ne pensano i giovani?
Jasmine, 22 anni, ritiene di essere un po’ ingenua riguardo all’argomento. “Nella mia testa -mi dice- penso che se le persone sono disposte a migrare fino a qui, a correre questo rischio, è ovvio che è perché hanno paura. Ma so che è anche una questione generazionale. Ho avuto molte discussioni con i miei nonni, e loro non la vedono affatto così. A volte mi dico: ‘Ma sì, lasciateli entrare, dobbiamo aiutarli’. Ma forse è perché provengo da un ambiente privilegiato, e non devo lottare per difendere un posto di lavoro. Penso che la loro preoccupazione sia che le persone migrino qui perché sperano che la loro vita sarà migliore, che ci sia un’assistenza sanitaria migliore e gratuita, e i miei nonni hanno paura che ci portino via i posti di lavoro”.
Anche Emma, 22 anni, è d’accordo. “Si tende a pensare immediatamente che chiunque venga qui rubi posti di lavoro e che ci sarà un aumento della criminalità. Si tratta di paure molto falsate e costruite dai media. L’immigrazione era una questione importante sin da prima del lockdown, insieme all’intera Brexit, e già a quei tempi si guardava con attenzione a chi fosse o meno britannico”.
Emma e Jasmine, ora, si guardano. Ci sono altre p ...[continua]

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