Roberto Masciadri è uno dei curatori del sito criminidiguerra.it.

Parlaci un po’ del tuo lavoro, da quali esperienze vieni, di come ti sei avvicinato a queste tematiche...
Vengo da una lunga esperienza di insegnamento; proprio il contatto diretto con i miei studenti mi ha persuaso ancor più della necessità di indagare e divulgare la narrazione storica, soprattutto su fatti drammatici che coinvolgono milioni di esseri umani. Una premessa metodologica è stata ed è fondamentale: separare il piano della (propaganda) politica da quello della divulgazione storica.
Quando avete progettato il sito a quali pubblici volevate rivolgervi e cosa avete pensato fosse utile contenesse?
La scintilla è stata la visione di Fascist legacy (il documentario prodotto dalla Bbc del 1989), proiettato per la prima volta in Italia su La7 nel 2003.
L’incontestabile riferimento alle fonti storiche di questo lavoro ci ha suggerito di predisporre (e proporre sulla rete web) un lavoro ancorato a documenti storici. Infatti ci teniamo a definire criminidiguerra.it come un “sito documentario”; il lettore può verificare direttamente sui documenti pubblicati, quanto noi sosteniamo nei brevi saggi, scritti per condurre la narrazione.
L’obiettivo metodologico è quindi formare a un approccio critico: non accontentarsi di ascoltare/guardare, ma verificare se quanto viene divulgato da web, giornali e tv, libri è fondato oppure rientra nella distorsione propagandistica dei fatti; e questo riguarda tutti, giovani e non.
Chi ha collaborato con voi per la costruzione del sito e chi, se c’è stato, ha invece espresso perplessità per una iniziativa del genere?
La collaborazione dei ricercatori dell’Isec (aderente alla Rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea) e in particolare di Luigi Borgomaneri, è stata fondamentale per il reperimento delle fonti storiche; la disponibilità di accesso al Fondo Luigi Gasparotto (già ministro dei primi governi del Cln e presidente della Commissione per i crimini) ci ha permesso di accedere a fonti come i documenti dell’Esercito italiano, che altrimenti sarebbe stato molto complesso ottenere.
L’Isec ha poi promosso la presentazione del sito e successivamente ha organizzato, nel 2005, il primo convegno storico in Italia su questi temi “nascosti”.
In realtà non abbiamo registrato voci contrarie; solo qualche episodio in cui alcuni parenti di militari pretendevano la cancellazione del nome del proprio trisavolo, incluso nell’elenco (pubblicato sul sito) dei criminali di guerra italiani redatto da una commissione delle Nazioni Unite nel 1945.
Entrando nello specifico dei crimini italiani, quali sono stati i motivi per cui “gli italiani l’hanno fatta franca”?
Lo suggerisce bene Filippo Focardi (di cui riprendiamo il prezioso lavoro firmato insieme a Klinkammer) pubblicando un testo (riportato interamente sul sito) del 20 agosto 1949 indirizzato dal Direttore Generale degli Affari politici del Ministero degli Affari Esteri, conte Vittorio Zoppi, all’ammiraglio Franco Zannoni, capo gabinetto del Ministro della Difesa: “La Commissione d’inchiesta che […] non doveva dare l'impressione di scagionare ogni persona esaminata […] selezionò un certo numero di ufficiali che furono rinviati a giudizio […]. Fu spiccato nei loro confronti mandato di cattura, ma fu dato loro il tempo di mettersi al coperto […] ciò fu fatto con il preciso e unico intento di sottrarli alla consegna [agli jugoslavi, ndr] […]. Ottenuto questo risultato e venuto meno le ragioni di politica estera […] il Ministero degli Affari Esteri considera la questione non più attuale”. Quindi la Commissione d’inchiesta italiana era stata creata per prendere tempo: i governi “unitari” (dei partiti antifascisti -dalla destra alla sinistra) di quegli anni non volevano processare generali o alti ufficiali che avevano commesso crimini di guerra nei Balcani e in Africa, anche perché la maggior parte di questi militari aveva seguito i Savoia dopo l’armistizio dell’8 settembre (da Badoglio a Roatta e poi a scendere nella scala gerarchica); non lo volevano neppure gli alleati inglesi e americani, che vedevano un sicuro baluardo contro il nemico comunista, in questo apparato militare già al servizio della politica fascista.
Nel libro di Filippo Focardi, I crimini impuniti dei “bravi italiani”, vengono citati i numeri relativi ai criminali di guerra richiesti dalla Jugoslavia, dalla Grecia, dall’Albania, dalla Francia, dall’Union ...[continua]

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