L’avvocato Bruno Angeletti e il professor Carlo Lodovico Ragghianti erano figli di territori diversi e di generazioni differenti: romagnolo Angeletti, toscano Raggianti; classe 1893 l’uno, nato nel 1910 l’altro. Le loro strade si erano incrociate nei primi anni Quaranta durante l’esperienza che diede origine al Partito d’Azione. Angeletti era nato in Argentina da una famiglia di emigranti che rientrò in patria, a Forlì, dopo la morte del padre. Qui l’avvocato divenne uno dei giovani più attivi del movimento repubblicano. Interventista e volontario nella Grande guerra, mutilato, acquisì un ruolo di spicco dell’associazionismo combattentistico all’interno del quale si batté tenacemente per evitare la presa di controllo da parte dei fascisti, come stava avvenendo in molte città italiane. Fu tra quei reduci che fin dalla prima ora seguì il grido di “Viva l’Italia libera”, esclamato da Randolfo Pacciardi come denuncia contro la violenta e liberticida azione delle camicie nere. Per questa sua presa di posizione ebbe vita difficile sotto il regime, vessato da bastonature, segnalazioni, controllo politico, sorveglianza speciale e privazione della libertà. Durante l’intero ventennio, Angeletti fu punto di riferimento in terra di Romagna della rete clandestina che prese corpo tra l’Italia e l’estero (in particolare Francia, Svizzera e Stati Uniti d’America, soffrendo costantemente il peso dei contrasti, delle incomprensioni, delle divisioni) e che traeva ispirazione dal repubblicanesimo sociale e dal socialismo liberale. Il punto di mediazione era rappresentato dal mazzinianesimo.
“L'unico mio vanto -scrive Angeletti a Ragghianti nella lettera qui pubblicata, proveniente dalla Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca e consegnata a “una città” dal professor Roberto Balzani- può essere quello di essere stato sempre e tenacemente antifascista, fuori dei sindacati e di ogni organismo, anche quando molti in Romagna, specialmente per odio contro i socialisti, si erano ubriacati delle parole di Mussolini, e di avere sempre mantenuto i contatti con tutti gli aggruppamenti operanti dell’Italia libera di Pacciardi a Giustizia e Libertà. E ancora prima di avere aderito all'Unione del povero Amendola”.
Quella rete antifascista comprendeva anche altre realtà, dal partito repubblicano in esilio a esponenti del movimento socialista e libertario, fino alle fratellanze massoniche.
Sul finire degli anni Trenta, dopo la morte dei fratelli Rosselli, l’emigrazione di Pacciardi negli Stati Uniti d’America e l’epilogo drammatico della guerra civile spagnola, il quadro andò in frantumi, lasciando militanti sbandati e in cerca di orientamento. Ci vollero molti mesi, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la necessità, come sospinta da una energia magnetica, di ritrovarsi per ripartire. Ciò avvenne a Roma, il 4 giugno 1942, nell’abitazione dell’avvocato Federico Comandini dove nacque il Partito d’Azione.
L’ispirazione era tratta dal tentativo organizzativo lanciato da Giuseppe Mazzini nel 1853 quando, dopo le fiammate insurrezionali del 1848 e 1849, la loro sconfitta e la repressione, fondò appunto il Partito d’Azione per tentare il rilancio del progetto politico egualitario, repubblicano e di giustizia sociale. Fu nelle fila del nuovo Partito d’Azione che Bruno Angeletti e Carlo Ludovico Ragghianti si conobbero e divennero compagni di lotta.
Ragghianti era nato a Lucca ed era più giovane di diciassette anni. Il suo percorso formativo fu contrassegnato dallo studio dell’arte e dagli ideali mazziniani. Per l’opposizione al regime fascista, manifestata fin dall’adolescenza, subì violenze e fu costretto a trasferirsi prima a Firenze, quindi a Pisa, dove dal 1928 frequentò la Scuola normale superiore che gli consentì di entrare in contatto con personalità di spicco della cultura italiana. Il suo brillante percorso di preparazione lo portò alla scuola di perfezionamento di Roma e fu nella capitale che Ragghianti finì nel casellario politico della polizia fascista. Successivamente si spostò a Modena e quindi a Bologna dove cominciò a tessere i legami tra le varie cellule antifasciste che avrebbero dato vita al Partito d’Azione, alla scrittura del cui programma contribuì in modo diretto.
Nella primavera del 1942 venne arrestato. Tornato in libertà, fu nuovamente incarcerato l’anno seguente. Dopo la caduta del fascismo, l’armistizio e l’occupazione nazista di gran parte della penisola, Ragghian ...[continua]

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