Alex Giuzio è giornalista per “il manifesto”. Si occupa di temi ambientali, economici e normativi legati al mare, alle coste e al turismo. Ha pubblicato La linea fragile (Edizioni dell’Asino, 2022) e ha curato il volume Critica del turismo (Grifo Edizioni, 2023). Scrive per “Il Mulino”, “Lo Straniero”, “Gli Asini”, “Lucy” e fa parte del nucleo redazionale di “Altre Velocità”. Il suo ultimo libro è Turismo insostenibile. Per una nuova ecologia degli spazi del tempo libero (Altreconomia, 2024).

Siamo cresciuti con l’idea che il turismo fosse un valore, che aumentasse la ricchezza di tutti e che fosse possibile, grazie alle presenze turistiche, rivalutare parti della nostra storia -scavi archeologici, musei, etc. In questo libro lei dice che le cose non stanno affatto così. Il turismo ci impoverisce?
L’idea che il turismo porti ricchezza è vera. Il problema è che si tratta di una ricchezza concentrata nelle mani di pochi. Imprenditori del settore, compagnie aree o crocieristiche, albergatori: non distribuisce ricchezza sul territorio. Oggi esiste la tassa di soggiorno, è vero, ma esiste anche un vincolo, molto generale, a spendere i proventi di questa tassa nello stesso settore. Perciò non sono mai chiari i benefici del turismo sui territori. Non esiste un sindaco che dice: “Abbiamo guadagnato tot milioni di euro dalla tassa di soggiorno e li abbiamo usati per costruire un nuovo ospedale”, solo per fare un esempio. In questo modo avremmo la percezione concreta del beneficio diretto che porta il turismo. Questi soldi, invece, vengono spesso reinvestiti in promozione turistica. Un settore che si auto-alimenta, che vede arricchirsi solo poche persone e che, d’altra parte, impiega spesso le categorie cosiddette svantaggiate (donne, giovani, migranti) in lavori sottopagati, poco qualificati, stagionali, sfruttati, irregolari -conosciamo tutti la grandissima quota di lavoro nero che caratterizza i lavori stagionali legati al turismo. L’idea che il turismo porti ricchezza è dunque un’idea distorta. Dall’altra parte, il turismo genera problemi sociali, economici e ambientali, come il sovraffollamento delle città, l’inquinamento, la distruzione degli ambienti naturali, o la creazione di monoculture economiche molto fragili. I luoghi in cui si investe unicamente sul turismo sono esposti a crisi improvvise, essendo il turismo un settore molto precario, la cui esistenza dipende da fattori incontrollabili. L’abbiamo visto ad esempio durante la pandemia Covid, o in Romagna con l’alluvione del 2023. Può succedere che un evento catastrofico e imprevedibile determini improvvisamente la fine dei flussi turistici. E in una monocultura turistica, senza alternative economiche, collassa l’intero territorio. È molto rischioso investire solo sul turismo, come si sta facendo nel nostro Paese.
Un sociologo francese, Rodolphe Christin, parla della natura “mondofaga” del turismo. Cosa significa? E quali sono le implicazioni del cosiddetto overtourism?
Christin dice che il turismo è mondofago perché si nutre della stessa bellezza del mondo che l’ha creato. Le persone si vogliono spostare perché hanno il desiderio di vedere i luoghi più belli del mondo, e questo è assolutamente normale. È un desiderio che non si demonizza, che non si mette in discussione. Il turismo però, “fagocitando” questa bellezza, la rende in un qualche modo esclusiva, a scapito di chi in quei luoghi ci vive. Può esistere un equilibrio fra abitanti e turisti; ma negli ultimi anni, con lo sviluppo del turismo globale, questo equilibrio si è rotto a favore dei turisti. Le località turistiche sono diventate invivibili per i loro abitanti e, in ultima analisi, anche per i turisti. Vediamo i recenti casi di Roccaraso, o l’annoso problema dell’overtourism a Venezia: se un luogo diventa troppo affollato, diventa poco piacevole visitarlo anche per il turista stesso. Negli ultimi dieci, vent’anni abbiamo assistito a un enorme aumento dei flussi turistici internazionali, che crescono proprio in virtù dell’allargamento al diritto alla vacanza per tutti, ovvero a causa dell’incremento della ricchezza globale e della possibilità di spostarsi facilmente. Tutto ciò comporta però la rottura dell’equilibrio e la svalutazione dei luoghi turistici stessi. Come dice il giornalista Marco D’Eramo: “Siamo tutti turisti che odiano altri turisti”. A tutti noi piacerebbe godere in modo esclusivo certi spazi o certe città, ma naturalmente questo non è possibile. Addirittura, ogg ...[continua]

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