“Dal Marocco al Golfo Persico non c’è un luogo come questo. Semplicemente non esiste”, dice Zuhdi Najeeb, membro di spicco del collettivo Feelbeit, una fra le realtà più importanti della scena musicale e artistica palestinese e israeliana. Siamo nel mese di Ramadan, a Gerusalemme. Il cessate il fuoco a Gaza ha generato un sentimento di tiepida distensione, che tuttavia non lenisce la tragedia dei mesi passati, a cui si aggiunge un sordo sentimento di sospensione e la paura che si torni a combattere nelle prossime settimane. Feelbeit, dall’inizio della guerra, nel novembre 2023, si è posto come l’unico luogo sicuro per israeliani e palestinesi, per artisti, attivisti, e soprattutto persone comuni che la guerra ha avuto l’effetto di avvicinare anziché allontanare. Come le piante naturalmente si inerpicano in cerca di luce, chi si reca al Feelbeit cerca il contatto, l’amicizia in una realtà sempre più messa alla prova dalla politica che ha scelto la guerra e il conflitto come base del suo (dis)ordine sociale. Fin dall’inizio del conflitto a Gaza, il Feelbeit era il solo luogo dove ci si permetteva di ridere. E dal novembre 2023, il Feelbeit, tenace, organizza eventi e incontri settimanali, letterari, artistici e soprattutto musicali, che vedono sul palco artisti israeliani e palestinesi, noti ed emergenti, uniti insieme per suonare e accompagnarsi gli uni con gli altri con danza, canto e musica, intrecciando i loro grandi talenti.
I mercoledì del Feelbeit sono ormai un presidio. Artisti e pubblico si riuniscono regolarmente ogni settimana in riti di ascolto in cui si mette in scena e si assiste alla creazione di opere uniche, figlie dell’istante. Letture di poesia araba musicate da artisti israeliani, sonorità yiddish narranti l’esilio palestinese, e poi danza, performance e incontri musicali la cui esibizione cela una visione precisa: quella di dare forza a una realtà possibile, una realtà non dell’ordine del “non ancora” ma di quello del “già esistente”, grazie all’incontro fra le vite di chi è lì presente e da anni pratica la vita in comune.
“Quello a cui assistiamo stasera -continua Zuhdi- è unico. Dove altro possiamo avere tutte queste persone insieme? Dove mai possiamo assistere al concerto di un grande maestro come Nizar Elkhater che accompagna Tamar Shawki, una cantante ebrea israeliana di origini libanesi che canta perfettamente, senza alcun accento, i grandi classici della musica araba come Fairuz (si veda la sua interpretazione di Zourouni), Julia Boutros e Farid al-Atrash? Addirittura Julia Boutros, che per molti è la voce ufficiale del nazionalismo libanese!”.
L’incontro al Feelbeit del 5 marzo del 2025 è stato di rara intensità, paragonabile solo a un altro evento tenutosi sulla terrazza del Feelbeit affacciato sul quartiere arabo ebraico di Abu Tor e che guarda al Mar Morto, dove il 7 settembre 2024 veniva presentato lo straordinario spettacolo di teatro- danza “Pietà” di Adi Boutrous sulla guerra e ispirato alla “Pietà” di Michelangelo.
La serata ha visto presenti quattro artisti: Ameera Ziyan (fotografa), Nizar Elkhater, (pianista), Miriam Engel (coreografa) e Tamar Shawki (cantante). Si è aperta con le parole di Ameera Ziyan (Yarka, 1977) fotografa appartenente alla comunità drusa di Yarka dove vive e insegna. Ameera si scusa di parlare a modo suo, mescolando arabo ed ebraico nella stessa frase, passando improvvisamente dall’uno all’altro. È il modo in cui è abituata a parlare della sua arte, ci dice. Ameera infatti è molto nota nei circoli artistici di Tel Aviv, mentre racconta di essere molto poco accolta dalla comunità drusa da cui proviene. La ricerca artistica di Ameera dà voce proprio al difficile percorso di ricerca della sua identità artistica, che ha visto e vede contrapporsi la sua vita di donna, drusa, figlia, moglie e poi madre, con la scoperta di sé sostenuta dall’avvicinamento ai movimenti femministi e portata avanti attraverso rotture, a volte osteggiata da marce indietro, ma tenacemente condotta andando contro ogni limite imposto e autoimposto. Tutte queste sono le tensioni forti che guidano la sua poetica.
Una voce plurilingue, che cattura la delicata interazione tra presenza e assenza, identità e appartenenza attraverso immagini che cercano nei paesaggi in cui si muove il femminile l’esperienza di una nuova dimensione possibile.
La prima parte della serata prosegue con alcuni brani del nuovo repertorio di Nizar Elkhater, accompagnati dalle coreografie di Miri ...[continua]

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