"Ad Est” è certamente un sodalizio molto particolare sulla scena dell’informazione e della militanza civile, ci spieghi come nasce?
"Ad Est” nasce grazie a un’intuizione della partigiana Vittoria Giunti, che nel 2003 diede a noi ragazzi, che ci eravamo posti all’opposizione dell’allora presidente della regione Salvatore Cuffaro proprio in quella Raffadali che aveva dato i natali ad entrambi, il mezzo per poter combattere quella che poi le sentenze hanno dimostrato essere la più potente famiglia politico-mafiosa dell’isola. Un giornale folle, senza mezzi e senza giornalisti ma un organo di libera informazione, che negli anni ha combattuto la mafiosità e ha creato entusiasmo e futuro.
Si tratta di un progetto totalmente autofinanziato, che oggi può contare 55 edizioni cartacee, oltre 110 mila copie distribuite, la pubblicazioni di due libri, un sito con oltre 100 mila collegamenti, un continuo lavoro per gli "ultimi”, per le periferie, ma soprattutto la presenza di oltre 80 ragazzi che nelle attività del giornale sono cresciuti in piena libertà, e questo nonostante le pressioni psicologiche e le intimidazioni siano state per anni all’ordine del giorno.
Raffadali, il luogo in cui sei nato anche tu, pare davvero un paese crocevia della politica, per la Sicilia, ma non solo…
Raffadali, come Corleone, è uno di quei posti in cui è passata la storia. Uno di quei luoghi diventati simbolo in cui possono nascere le storie più belle o, per nemesi, quelle più tristi. "Piccola Stalingrado” per tutto il secondo dopoguerra, paese di partigiani, leader delle lotte contadine, paese di cultura, biblioteche, teatro, emancipazione femminile; nel mezzo di un contesto, quello della provincia di Agrigento, dove tuttora 37 dei 43 comuni vengono definiti ad alta densità mafiosa, Raffadali ha visto nella metà degli anni Novanta un declino inarrestabile dovuto a quella che oggi può essere chiamata "realpolitik”. Per realizzare il primo governo a guida Ds della storia della Sicilia, Raffadali viene "ceduta”, insieme a tantissime altre cose, a Totò Cuffaro in cambio del suo passaggio nel centro-sinistra. Il nuovo governo di centro-sinistra della regione era guidato da Angelo Capodicasa, originario del paesino Joppolo Giancaxio, ma elettoralmente espressione di Raffadali. Il sogno di Raffadali è stato svenduto, secondo alcuni, "per un bene più alto” che poi non si è realizzato, regalando il 61 a zero al centro-destra nelle politiche del 2001 e ai siciliani i sette anni del governo Cuffaro che hanno avuto l’epilogo con la condanna del 22 gennaio del 2011 per associazione mafiosa dello stesso. Un sogno che però, durante quei sette anni di governo Cuffaro, è stato coltivato in solitudine da un gruppo di persone e che oggi può tornare a rifiorire.
Totò Cuffaro è una figura emblematica di una certa Sicilia…
Cuffaro è l’esempio più lampante della sconfitta della politica degli ultimi trenta anni. Uomo carico di voti utilizzati, sia a destra da Berlusconi sia a sinistra dai Ds, per assicurare vita a governi e sottogoverni senza troppo andare per il sottile. Il problema è che nessuno si è mai chiesto da dove venissero quei voti e quanto costasse alla società civile e ai giovani quel modo clientelare di fare politica. Ora, che Cuffaro dovesse le sue fortune a Calogero Mannino (attuale senatore più volte colpito o sfiorato da accuse di mafia) e che avesse chiesto apertamente sostegno elettorale ad Angelo Siino (ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra) sin dagli inizi degli anni Novanta è cosa risaputa. Tanti poi ricordano i suoi insulti a Falcone dalla platea del Maurizio Costanzo show poco prima che il magistrato morisse ammazzato.
Tutto questo, però, non è bastato al mondo politico per decretarne l’impresentabilità. Anzi. Cuffaro è arrivato a controllare la politica siciliana perché ha potuto godere della protezione incondizionata di tutto il quadro politico, mediatico e imprenditoriale. Chi non ricorda Pierferdinando Casini pronto a mettere la mano sul fuoco sull’onestà di Cuffaro? Il problema è che questo fuoco ...[continua]
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