Quest’anno festeggiamo il ventennio di precariato, perché è cominciato nell’89 il primo grande finanziamento che la Regione ha fatto per i lavori socialmente utili. Si instradavano i giovani iscritti al collocamento, con stipendi bassi, ovviamente, perché erano dei part-time, quindi erano poche le ore lavorative ma anche lo stipendio era davvero poco. Io non sono entrata con questa tranche, ma con un finanziamento successivo. Negli anni ’90 cominciavano i primi lavori on line e c’era bisogno di personale esterno che fosse in grado di inserire dati, nel mio caso in biblioteca. Che poi non si capisce, potevano anche istruire gli interni a fare questo lavoro. In realtà la Regione ha sempre cercato di tamponare il problema dell’occupazione, che di fatto non c’era, con questi piccoli passaggi. E chiaramente ti ci attacchi a quel lavoro, e quando ti scade il contratto, non avendo altre possibilità, cerchi di ottenerne un altro, in quanto ti giri e non c’è nulla. Quindi ’91-’92: ho fatto questo primo contratto lavorativo, durava un anno, e quando è scaduto mi sono messa a passeggiare per la città. Ho cercato lavoro per l’anno successivo senza riuscire a trovare nulla che mi consentisse di sopravvivere in città. Nel frattempo la Regione, eravamo anche in periodo elettorale, si stava sbracciando per impacchettare dei nuovi contratti lavorativi, e ci ha richiamato. Di contratto in contratto, di elezione in elezione.
Il più grande continuativo che ho avuto è stato di tre anni, perché poi più di tre anni non si può fare: tre anni e un giorno e sei assunta, e loro ovviamente stanno bene attenti a non fare tre anni e un giorno. Si possono fare interruzioni tecniche, fai un’interruzione di tre giorni e ti riparte il nuovo contratto.
Parliamo, si badi bene, di circa 100.000 precari in Sicilia. Al di là del numero, che fa paura, è proprio il fatto di aver rovinato quasi due generazioni rispetto alle possibilità che avevano, o che immaginavano di avere, perché tutti abbiamo sognato di fare delle cose molto più belle. Sono giovani che ora hanno dai 40 ai 50 anni e che sono stati rovinati da questo continuo stillicidio del contratto, della ricerca del contrattino, della possibilità di ritornare a fare il lavoretto. Perché poi i contratti sono blindati e chi fa il precario non è l’impiegato regionale, e non può far nulla delle funzioni dell’impiegato regionale. Per esempio, io sono entrata in biblioteca e posso fare solo certe cose e non altre, con vincoli molto stretti. Io mi devo occupare da sempre di catalogazione e solo quella posso fare. La biblioteca ha un centro informazioni, dove gli studenti chiedono ragguagli ecc.; ma io non potevo dare nessuna informazione, essendo un compito istituzionale ed essendo il mio un contratto atipico. E magari sarei anche adattissima.
Noi siamo pieni di ex-vari, abbiamo gli ex-detenuti che adesso sono stati ricollocati da qualche parte; gli ex-Spatafora che è una fabbrica di scarpe che sino agli anno ’80 aveva un grosso giro di affari, poi è fallita lasciando sulla strada un sacco di persone che sono state riassorbite dalla Regione per fare gli uscieri…
Abbiamo un numero di uscieri che se li mettiamo uno sopra l’altro facciamo una parete in biblioteca. Ne abbiamo talmente tanti che uno dei compiti dei pochi funzionari è capire dove collocare le persone, dove metterli per non disturbare. Una biblioteca dovrebbe avere personale più o meno qualificato, si spera, ma se hai solo degli ex-qualcosa che non hanno le competenze per dialogare con i lettori... In biblioteca ci viene l’ingegnere, vengono studiosi, allora la professione di usciere è quella meno disturbativa, almeno non li metti a fare danno con i lettori.
Pensate che all’ingresso della biblioteca, che è un edificio monumentale perché ex-convento di gesuiti, e quindi è anche molto bello dal punto di vista architettonico, beh all’ingresso di questa biblioteca c’è una bellissima, meravigliosa scala e poi c’è un bancone con non so quanti custodi che poi non sono proprio dei principi inglesi, magari provengono dalle fabbriche, abbiamo anche degli ex-portuali, per cui per carità, nel loro lavoro sono stati bravissimi, ma forse in biblioteca non sono proprio a loro agio. Altro paradosso, abbiamo una sala di lettura molto bella, che è la mensa dei gesuiti, una cosa spettacolare, dove ci sono varie postazioni di questi impiegati; bene, spesso i lettori devono d ...[continua]
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